lunedì 15 ottobre 2007

NOTRE DAME, DIREBBERO I FRANCESI.

Si è appena conclusa la mostra "Imago Mariae" tenutasi in un antico locale di un piccolo paese di provincia, Terlizzi. Una mostra che mi piacerebbe definire dell'artistico a metà. Sì, perchè di artistico c'è stato davvero tanto ma, ad essere obiettivi, questo "tanto" non supera l'anti-artistico. Insomma artistico e anti-artistico si pareggiano nel corso di questa mostra.
Ma partiamo pure dall'artistico. Icone bizantine, celebranti la Madonna, tappezzano il piano superiore della mostra. Dunque, prima viene la classicità. Le icone bizantine ci suggeriscono, in maniera inequivocabile, l'Oriente. Anche chi si accosta sporadicamente alla storia dell'arte - alla semplice storia dell'arte, figlia della manualistica, si intende - sa bene quanta importanza è data alle icone in Oriente ed in una qualunque chiesa ortodossa. Per essere brevi, in questo piano superiore, siamo indotti a venerare queste icone, cogliendone alcune caratteristiche. Le icone bizantine non concedono spazio alcuno all'originalità: non è concesso all'iconografo firmare la sua opera nè far trasparire i suoi stati d'animo e gli indugi del pennello. Le icone bizantine servono al culto dei fedeli ed è per questo che devono essere intrise di spiritualità e soprannaturalità. Il volto dipinto non ha nulla di carnale nè umano ma è, a tutti gli effetti, un corpo celeste. Maria è ritratta, in queste icone bizantine, come Theotokos, cioè Madre di Dio.
Delle scale collegano il piano superiore della mostra a quello inferiore. Nessun rapporto di continuità tra i due piani.
Al piano inferiore possiamo scorgere dipinti aventi come oggetto la Madonna effettuatti col ricorso a varie tecniche artistiche. Le opere sono tutte, o quasi, firmate: contrassegnate dal nome dell'artista di turno. L'originalità è la principale caratteristica di questi dipinti. Le emozioni del pittore appaiono sguinzagliate, sono affrante dalle pastoie della tradizione, della classicità.
Sono recuperati motivi folcloristici che legano la rappresentazione della Vergine Maria alle note feste popolari autoctone o limitrofe. Nè mancano accostamenti bizzarri: in alcuni dipinti, Maria è ritratta secondo il codice artistico contemporaneo, con netta prevalenza della Pop Art. Ancora. Un gusto artistico più soave e classicheggiante ci dona, in ultimo, l'immagine della Madonna con in braccio il bambino Gesù.
Cerco di trovare un filo rosso, una sorta di collante che tenga insieme i contenuti artistici del piano superiore e quelli del piano inferiore. Ne trovo solo uno e, tra l'altro, mi viene suggerito da una indimenticabile osservazione di Edith Stein che definisce Maria come la "donna autenticamente liberata, emancipata da ogni schiavitù, archetipo e modello di ogni donna". Capisco allora che nell'epoca delle veline e dei burqa - che, prescindendo dalla diversità delle apparenze, hanno come medesimo effetto quello di far sparire la donna - l'imago Mariae è la sfida più elegante ed efficace per ricordare all'universo femminile la sua dignità di donna, madre e sposa. I poeti del pennello, che hanno reso possibile questa mostra (Maria Bonaduce, Valentina De Marco, Giulio Giancaspro, Giovanni Morgese e Giuseppe Vallarelli), riescono a strapparci emozioni e soprattutto ci fanno riflettere sul valore ontologico della femminilità. Basta un umile omaggio alla Nostra Signora (Notre Dame, direbbero i francesi) per salvare la donna dall'orgia di vergogna e di ignominia.
Passiamo ora a ciò che in apertura ho definito anti-artistico. Anti-artistico è, a mio parere, il locale scelto per allestire questa mostra (angusto e non accessibile a tutti). Il piano inferiore è collegato a quello superiore mediante scale impervie. Se L'arte è tale solo se si presenta accessibile a tutti, Anti-artistico giudico la presenza di barriere architettoniche in una galleria d'arte. In secondo luogo, la collocazione delle opere sembra quasi accidentale. Nessun criterio pare disciplinare la sistemazione di opere che, pur avendo lo stesso oggetto, sono tra loro diversissime. Il risultato è un guazzabuglio che rende oscura ed enigmatica la comprensione della mostra. Invero, La comprensione del messaggio artistico deve essere favorita anche dalla collocazione sistematica delle opere. Accidentale e poco studiata è anche l'illuminazione. Insomma non c'è nessuna premura nè minuzia nell'allestimento della mostra... Anti-artistico, direi.

1 commento:

joão matos ha detto...

Ola Valeria, sufficientemente ho gradito la vostra chiamata al blog della miniera. Gradirei che lo avete visitato più periodi, io inoltre vado cominciare visitare il vostro.


Bacio