giovedì 17 gennaio 2008

CONTRO LO SFRATTO DI BURATTINI E MARIONETTE: SALVIAMO LA MEMORIA DI OTELLO SFARZI


Tutti sanno a quale fine sono condannati burattini e marionette nella nostra difficile patria. La fine che già Pasolini aveva poeticamente rappresentato in un suo prezioso film dal titolo "Che cosa sono le Nuvole?". Come dimenticare quella scena in cui le due marionette rappresentate da due mostri sacri del cinema, Totò e N. Davoli, vengono gettate brutalmente in una discarica per il semplice fatto di non piacere più al pubblico.
Questo è quanto sta capitando alla celebre memoria del burattinaio italiano Otello Sfarzi. A Bagnolo (Reggio Emilia) un comunicato stampa rende noto che "la giunta comunale ha ribadito quelle che sono le posizioni dell'amministrazione a proposito del futuro del museo della Fondazione Famiglia Sarzi. Allo scadere della proroga della convenzione fra il Comune e la Fondazione per l'utilizzo dell'ex scuola elementare di Pieve Rossa dove sono custoditi i materali è intenzione dello stesso Comune «di procedere a una diversa destinazione pubblica dello stabile», previa individuazione di un'altra sede per i materiali finora custoditi: in pratica una dichiarazione di sfratto".
Per farla breve, mancano i soldi per la cultura. Per fortuna si levano voci fuori dal coro per portare avanti un giusto obiettivo: salvare l'arte di Otello Sfarzi. Un appello è partito dal premio nobel Dario Fo. Sua l'idea di proporre uno spettacolo affinchè non vada perduto il patrimonio culturale della famiglia Sfarzi. Protestiamo tutti contro l'insana idea di sfrattare l'arte. Divulghiamo la notizia visto che i nostri tg sono alle prese con i quotidiani affanni economici.

"Quando osservo una marionetta o un pupazzo di Otello non penso immediatamente al teatro ma a un rito, un mistero arcaico, tragico e grottesco insieme. Le maschere di Sarzi hanno il "quid" e il "tabù". Potresti vederle esplodere, grondare lacrime, urlare e singhiozzare da sole e al fine sciogliersi sprigionando fumo giallo e nero. Insomma vivono ed esistono già da sole. Non hanno bisogno di essere immediatamente agite. E' quello che ti capita davanti ai grandi burattini e ai pupi degli antichi. Io, personalmente ho imparato a muovere e anche a fabbricare pupazzi e burattini. Ci ho allestito più di uno spettacolo; sono del mestiere. Perdipiù ho sposato una Rame, figlia di marionettisti d'origine antichissima. Me ne intendo. Capisco quando un oggetto di teatro è personaggio vivo.
Davanti a ciò che fabbrica e muove Otello sei già nel clima della rappresentazione d'acchito.
Basta guardare le foto del catalogo: a parte la bravura dei fotografi, sono davvero "opere".
Otello adopera di tutto: lamiera latta dei barattoli, carta, stoffa, legno, plastica, lattice, cartapesta... e colore a smalto, tempere, acrilici, ducotone da pareti... adopererebbe anche il fumo, la mollica di pane, la pietra e gli spaghetti per farci i capelli. E non è detto che non li abbia già usati.
Non ha pregiudizi, remore, timori- è il burattinaio di Pinocchio. Lui le marionette le fa non solo per farle muovere ma anche per cuocerle e mangiarsele... e seppellirne i resti.
Perché è roba che nasce e muore- razza umana non robot o mutanti" DARIO FO

martedì 8 gennaio 2008


PASOLINI "POETA PROFETICO"

Franco Terlizzi, stimato professore di lettere nei licei, ha declamato magistralmente alcune poesie del profetico Pasolini nella serata del 3 gennaio a Terlizzi (BA), deliziando il pubblico presente. Ma non è bastata la sua voce ad animare la serata. È servito anche un pubblico speciale fatto di giovani e adulti capaci di cedere alla sacralità del silenzio e di applaudire col cuore un recital impegnativo che riconsegna l’arte a se stessa attraverso la fine voce recitante di Franco Terlizzi, il pianismo autentico e antidivo di Nando Garofalo e la melodica e romantica voce di Amedeo Celentano.

Si sa, Pasolini è stato un poeta, un regista, un romanziere, un giornalista troppo complesso per noi che, troppo spesso, facciamo finta di non comprendere ciò che suona più scomodo, più provocatorio, più scandaloso. Per questo Franco Terlizzi ha scelto non solo di declamare versi del candido poeta novecentesco ma anche di interpretarli, mettendone in risalto il potere attualizzante.

La prima poesia declamata è stata “Il PCI ai giovani”. Siamo in pieno ’68. Pasolini lancia una forte provocazione nei confronti degli studenti che continuavano ad alimentare la falsa rivoluzione. Agli occhi del poeta friulano, gli studenti sono anticomunisti, nonostante il loro impeccabile linguaggio marxista. Sono figli di papà che hanno abbracciato in toto l’ideologia borghese nell’ aspirazione al potere e nel secco rifiuto di ogni reale rapporto con le classi subalterne. Questa certezza porterà Pasolini a scrivere il seguente sfogo lirico: "Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte/ coi poliziotti,/ io simpatizzavo coi poliziotti!/ Perché i poliziotti sono figli di poveri./ Vengono da periferie, contadine o urbane che siano./ [...] I ragazzi poliziotti/ che voi per sacro teppismo (di eletta tradizione/ risorgimentale)/ di figli di papà, avete bastonato,/ appartengono all’altra classe sociale./ A Valle Giulia, ieri, si è così avuto un frammento/ di lotta di classe: e voi, amici (benché dalla parte/ della ragione) eravate i ricchi,/ mentre i poliziotti (che erano dalla parte/ del torto) erano i poveri".

Leggere le liriche di Pasolini significa anche fare i conti col simbolismo. Franco Terlizzi ci ha offerto più di un esempio di liriche da leggere in tale chiave metaforica e simbolista, partendo dalla poesia dedicata alla bella e fragile attrice che “sparì come una colombella d’oro”. Il fine declamatore così interpreta la dolce e rabbiosa poesia dedicata alla grande Marilyn Monroe: “la bellezza di Marilyn è metafora della bellezza del mondo. Marilyn possedeva la bellezza in maniera tutta spontanea, genuina, squisita come figlia del popolo alla stessa maniera in cui posseggono la bellezza le mendicanti di colore e le zingare. Sono proprio loro, le rom, quelle che noi giudichiamo puzzolenti e mendicanti all’eccesso. Poi Marilyn ha perso la sua bellezza nella mercificazione consumistica di Hollywood come il mondo che ha perso la bellezza materialmente e moralmente nella mercificazione consumistica. Ma, mentre Marilyn si è sottratta all’orrida mercificazione con la morte che cristallizza nel mito la bellezza, il mondo, invece, precipita sempre più nel suo destino di morte”.

Pier Paolo Pasolini nasce come poeta a Casarsa. Se a Bologna emette il suo primo vagito da uomo, sarà a Casarsa, nel friulano, che Pasolini emetterà il suo primo vagito da poeta. Franco Terlizzi non ha potuto fare a meno così di puntualizzare l’iter poetico del grande genio novecentesco. A Casarsa Pasolini e, più precisamente nella lingua friulana, scopre la lingua della sua poesia, avvertendo in questo arcadico luogo l’intramontabile presenza del sacro affidata al tempo della “pre-storia”. Il tempo, a Casarsa, batte in maniera circolare contrapponendosi al tempo lineare, evolutivo, hegeliano. Tempi profondamente diversi che alimenteranno l’angoscia del poeta, suggerendogli di sanare questo iato.

Degli anni vissuti a Casarsa il poeta ricorda i meravigliosi anni delle scuole elementari e, soprattutto, sente crescere l’amore-culto per sua madre. A tale proposito il recital ha evidenziato i passi più emozionanti della “Supplica a mia madre” e, attraverso una breve proiezione, tutti hanno potuto constatare che il ruolo della Vergine Maria, nell’eccellente produzione cinematografica “Il Vangelo secondo Matteo”, è affidato alla madre di Pasolini. Una scelta originata, non di certo, da una penuria di attrici ma dall’intimo connubio che il regista Pasolini coglie. Anche Susanna, madre di Pier Paolo, poeticamente e fanciullescamente associata a “un’allodoletta felice”, è rimasta vergine in quanto non ha compiuto il viaggio “nel mondo vischioso e corruttore degli adulti che distrugge per sempre la grazia e l’innocenza dell’infanzia”.

A Roma Pasolini patirà da un lato la nostalgia del suo bucolico paese friulano ma, d’altro canto, “la scoperta sociologica delle borgate romane determinerà una crescita poetica nonché il passaggio da una poesia di carattere intimistico e privato a una poesia civile, politica, storica e sociale”. Nelle borgate romane, agreste cornice in cui agiranno i ragazzi di vita, Pasolini resta affascinato da quel mondo di sottoproletari tanto dotato di “candida e spontanea vitalità”. Finalmente egli può sopperire alla nostalgia del mondo primordiale fatto di “grazia e innocenza”.

Franco Terlizzi ha effettuato, in questo momento del recital, una necessaria e intelligente puntualizzazione: i poveri di cui parla Pasolini sono i “ptocoi” di cui parla il Vangelo, più precisamente i Sinottici (“beati i poveri”). I “ptocoi” – ha ricordato Franco Terlizzi – sono gli accattoni, le prostitute, i rom, gli ebrei, i papponi, i negri”.

La disperazione del poeta raggiungerà il suo acme quando egli si accorgerà che i ptocoi si erano volgarmente imborghesiti, rigettando la cultura contadina. Il popolo, corrompendosi, diventa eguale al borghese: entrambi sotto l’egira del denaro; “del denaro da spendersi nel superfluo”. È proprio questo “genocidio della cultura contadina” a portare il grande Pasolini in Africa. Qui può facilmente incontrare i suoi “ptocoi”, rapportarsi con essi e subire il fascino della loro purezza ed innocenza. Mentre la poesia resterà sempre la sua forma preferita di scrittura poiché essa “è l’unico prodotto non consumabile perché è giustizia che brilla ai soli dell’anima”. Il poeta – dirà Pasolini – “è sempre una contestazione vivente. Rappresenta sempre l´altro di quell´idea che ogni uomo in ogni società ha di se stesso”.

Franco Terlizzi ha scelto di concludere il recital con la più grande profezia di Pasolini: la figura emblematica di Alì dagli Occhi Azzuri. “Sulle macerie della storia risorgerà una nuova pre-storia ma il prezzo da pagare sarà terribile per tutti perché tutti gli accattoni, gli straccioni del mondo, tutti gli ptocoi del mondo, non più uomini ma uomini-pesci, passeranno tutti i mari e il tanto vituperato Marx vedrà confermata almeno una delle sue cento teorie: un pugno di espropriatori opulenti e stanchi spazzati via da una marea di espropriati ed affamati”. Ecco il nobile commento, carico di finezza letteraria che Franco Terlizzi ha voluto presentare come corredo dei meravigliosi versi pasoliniani: “Essi sempre umili/Essi sempre deboli/essi sempre timidi/essi sempre infimi/essi sempre colpevoli/essi sempre sudditi/essi sempre piccoli,/essi che non vollero mai sapere,/essi che ebbero occhi solo per implorare,/essi che vissero come assassini sotto terra,/essi che vissero come banditi in fondo al mare,/essi che vissero come pazzi in mezzo al cielo,/essi che si costruirono leggi fuori dalla legge,/essi che si adattarono a un mondo sotto il mondo/essi che credettero in un Dio servo di Dio,/[…]... deponendo l'onestà delle religioni contadine,/dimenticando l'onore della malavita,/tradendo il candore dei popoli barbari,/dietro ai loro Alì dagli occhi azzurri/- usciranno da sotto la terra per uccidere/- usciranno dal fondo del mare per aggredire/- scenderanno dall'alto del cielo per derubare/- e prima di giungere a Parigi per insegnare la gioia di vivere,/prima di giungere a Londra per insegnare ad essere liberi,/prima di giungere a New York, per insegnare come si e' fratelli/- distruggeranno Roma e sulle sue rovine/deporranno il germe della Storia Antica” […].

Nella gallery abbiamo pensato di esprimere con alcune immagini (da noi scelte) i contenuti salienti della preziosissima serata.